Neuralink, come funziona Telepathy, il chip che Musk ha impiantato per la prima volta nel cervello di un essere umano

Un impianto con 64 fili, 1024 elettrodi e una batteria wireless. Telepathy aiuterà le persone con problemi motori a controllare smartphone e computer con la sola forza del pensiero.

Un passo avanti verso il futuro. O almeno, questo è l’anteprima del futuro che Elon Musk dà al mondo in un post che ha pubblicato su X: per la prima volta una persona avrebbe ricevuto un impianto Neuralink, l’ambizioso progetto fondato dal miliardario nel 2016.
Il primo prodotto dell’azienda si chiama “Telepathy” e promette di connettere l’essere umano alle macchine, come nelle migliori storie di fantascienza.

L’esperimento

Un impianto composto da piccoli dischi e una serie di fili. Il dispositivo, che traduce i segnali cerebrali in azioni su un computer, «permette di controllare il tuo smartphpone o computer e, attraverso questi, quasi ogni altro device con il solo pensiero», così lo descrive Musk nell’annuncio che ha dato sul social di sua proprietà (e che poi è stato ricondiviso dall’account ufficiale di Neuralink).
Non si conosce l’identità della prima persona che si è sottoposta all’esperimento, ma potrebbe essere qualcuno costretto all’immobilità a causa di una lesione alla colonna vertebrale. «I primi utenti saranno quelli che hanno perso l’uso degli arti», commenta il miliardario. A settembre era stata aperta la ricerca dei volontari: «Le persone affette da tetraplegia dovuta a lesioni del midollo spinale cervicale o a sclerosi laterale amiotrofica (SLA) possono candidarsi», si legge nel post che era stato pubblicato da Neuralink.

Come è fatto

Cinque elementi compongono l’impianto di Neuralink: una capsula più esterna (quella che contiene l’impianto e che viene installata nel cervello) “biocompatibile”, una batteria che può essere caricata dall’esterno, i chip e la parte di elettronica che traducono i segnali cerebrali e li trasmettono ai dispositivi e, infine, i 1024 elettrodi distribuiti su 64 fili ultrasottili che vengono collegati al cervello.
Un conto è lo strumento, ma l’intervento chirurgico è tutta un’altra storia. Impiantare i fili di dimensioni microscopiche può essere fatto solo da un robot: ottiche ultrasensibili e un ago «più sottile di un capello» per “tessere” i circuiti nel cervello.
L’impianto, poi, viene collegato a un’interfaccia fra l’uomo e la macchina  che permette al paziente-utente di compiere delle azioni su uno schermo grazie al pensiero.

Corriere della Sera, Velia Alvich, 30.1.2024